Il "NO", il limite e la libertà nel judo

Come si coniuga la disciplina del judo con la libertà del bambino?
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All'uscita da scuola, a pochi metri dalla strada, tuo figlio cerca i tuoi occhi e, pian piano, a passettini, dietro un sorriso sornione, inzia a retrocedere, guadagnando spazio tra te e lui. 

In quel gesto, la conquista della libertà, l'esplorazione, ma soprattutto la scommessa, il guanto di sfida, il tentativo di mettere in discussione l'autorità. In quel sorriso beffardo la consapevolezza della forzatura, il segnale del bisogno del "NO", l'attesa della fissazione del perimetro del consentito, della fine del marcipede mentale. 

Ebbene, vi sono momenti in cui il limite va sperimentato, altri in cui va semplicemente accettato, sia perchè dettato dalle buone regole sociali e morali, sia perchè il rischio dell'esperimento è troppo alto, per sè e per gli altri. In questo caso, il "NO" assurge a forma di protezione del bambino che lo mette al riparo dal pericolo e lo orienta nella direzione verso la quale esprimersi al meglio. 

Non è necessario che l'uovo cada dalla tavola per vedere che si rompa. Parimenti, è inutile continuare a correre quando il tempo di gioco è scaduto.

ll judo si avvale del "NO" come strumento di formazione dell'idea di misura. Traccia le regole etiche e di condotta, prendendo il bambino per mano, indicandogli la strada dell'equilibrio, delle buone maniere, delle regole universali di convivenza, di dialogo e di rispetto per le persone e per le cose.

Entro questo perimetro, il piccolo judoka potrà sperimentare e sperimentarsi in un territorio che gli apre le porte della inclusione, dell'accettazione, della libertà, dell'essere se stesso, dell'essere unico.   

Il prof. Paolo Ragusa, psicopedagogista per la educazione e la gestione dei conflitti, scrive ("Dire "no" aiuta i bambini a crescere" - Uppa.it): "Tra la prima e la seconda infanzia i no sono quelli del limite. Si tratta di un’età in cui progressivamente la centratura sul sé del bambino si evolve nelle relazioni tra i pari e nel rapporto con la realtà anche scolastica. In questa fase i no arginano e danno misura alle energie e alla sensazione di onnipotenza sul mondo. Sono no che producono frustrazione, ma in questo senso fondamentali per aiutare i bambini a cogliere i limiti delle proprie possibilità e attivare nuove risorse e competenze. Imparare a gestire la frustrazione che nasce dall’incontro con l’altro è una capacità fondamentale e protettiva per il futuro.

Nella seconda infanzia e nella preadolescenza il no è quello della regola: consente di consegnare ai ragazzi la bussola per orientarsi nel mondo. Si tratta di un no più complesso degli altri, che punta verso l’autonomia".

A chi pensa che le regole siano limiti alla libertà personale, rispondiamo dicendo che "ogni volta che diamo una regola creiamo uno spazio di separazione e definiamo gli ambiti di possibile esercizio della libertà, consentendo lo sviluppo dell’autonomia".

Il judo fonde la disciplina con la fantasia, l'estro e la libertà motoria del bambino. Bello sapere che un genitore possa trovare un alleato così valido e completo nel difficile compito educativo dei figli.

Fabio Della Moglie - maestro di judo

scritto il 26 set 2016
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