Il judo è una specialità sportiva propriamente detta, individuale, di combattimento, a contatto continuo mediato dal judogi, senza l’uso di attrezzi, per categorie di peso, di situazione-open skill, ad alto impegno energetico, con utilizzo di abilità motorie non stereotipate e di movimenti di destrezza.
Il judo-kata (forme) rientra invece tra gli sport tecnico compositori, closed skill. Non si avvale di categorie di peso e adotta sequenze motorie non variabili che richiedono, a seconda della forma praticata, un impegno cardiocircolatorio da medio alto a basso, con movimenti di destrezza, precisione e massimo controllo. Può richiedere l’uso delle armi e si avvale di abilità motorie stereotipate. Tempo di esecuzione da 5 minuti a 10 minuti senza interruzioni.
Un combattimento di judo, in ragione delle variabili connesse alle azioni dell’avversario, determina condizioni che richiedono una costante modificazione delle risposte motorie e l’impiego delle componenti cognitive e senso-percettive che monitorano, prefigurano e memorizzano il comportamento dell’avversario.
Da tale analisi preventiva discende una rapidissima attività di problem solving (150-120 millisecondi) che si traduce nella scelta della tattica di combattimento, nel controllo del dinamismo, della velocità e della direzione di attacchi e difese, in rapporto alla variabilità di spazio e tempo, delle riserve energetiche, del punteggio.
L’estrema complessità delle vicende di gara e la suddivisione degli atleti in categorie di peso - con differenze di massa, composizione corporea e di statura che incidono significativamente sulle strategie tecnico-tattiche di combattimento e sui profili metabolici prevalentemente richiamati (si pensi alla differenza tra un 60 Kg ed un 120 Kg) - rendono difficile un inquadramento rigido dei meccanismi energetici e condizionali che vengono sollecitati.
Essi afferiscono per lo più alla sfera anaerobico alattacida e alla forza esplosiva, manifestandosi in conseguenza di azioni di grande sforzo di breve durata, seguite da brevissimo recupero.
La parte finale del combattimento (Franchini et al., 2009) ed, a maggior ragione, il tempo supplementare (golden score) decretato in caso di parità tra gli atleti, diventano tuttavia occasione di coinvolgimento delle capacità aerobiche che consentono al judoka di protrarre il lavoro e di ritardare l’insorgenza della fatica causata da metaboliti (ioni idrogeno e fosfati).
Altrettanto avviene nel processo di recupero tra i tanti combattimenti (6-7, finale compresa) che si effettuano nel corso della giornata (Wojezuk et al, 1984;. Horswill et al, 1992; Tomlin et al., 2002).
Interessante anche il valore di produzione di acido lattico dopo un combattimento che si attesta intorno ai 14 millimoli.
Sotto il profilo muscolare, si evidenzia la grande prevalenza delle contrazioni isometriche utilizzate per buona parte del combattimento per sostenere le prese, con conseguente impiego di forza resistente.
Presenti anche le contrazioni pliometriche nelle azioni di falso scopo, che richiedono repentino cambio di direzione.
I risultati di cui innanzi sono frutto della classificazione del Prof. Dal Monte, così come aggiornata da Lubich. Ad oggi sono sotto il costante monitoraggio degli studi del Prof. Emerson Franchini e della prof.ssa Paola Sbriccoli, del Dipartimento di Scienze Motorie Umane e della Salute - Movimento Umano e dello Sport dell'Università di Roma "Foro Italico".
Fabio Della Moglie
Il rischio della specializzazione precoce dei bambini
Effetti, etica, morale
La nascita della scuola campana