Il judo, le sfide e il mio maestro

Dietro la medaglia

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Mi rivolgo a te che pensi che la vita agonistica di un/una judoka sia breve.

Mi rivolgo a te che, preso/a dal lavoro o dalla famiglia, avresti legittimamente tutti i pretesti per mollare.

Oggi Ti racconto una storia, fatta di motivazione, di sacrifici, di vittorie, ma soprattutto di persone care.  

C’era una volta una " vecchia-giovane" judoka, vecchia anagraficamente, giovane di sfide, ritrovata un po' per caso su un tatami mondiale a riscoprire una seconda giovinezza sportiva, a rincorrere il desiderio di una vita; incredula già per il fatto di esserci, di osservare i colori di quel teatro festoso, di riassaporare il gusto dell’adrenalina.

In un pomeriggio americano di novembre, quella judoka ritrovò se stessa, la grinta e le forze per troppo tempo sopite e riesplose come per incanto.

Il sogno si fermò all’argento, ma poco male…fu un buon inizio!

Scesa dal tatami, si guardò allo specchio con la medaglia al collo e una lacrima solcò le sue guance fino alle labbra:“Vice campionessa del mondo!?”, si domandò stranita... Si, ma non da sola. Non ce l’avrebbe mai fatta. Dentro e dietro quel metallo, il cuore del maestro. Lui che con lei ha vissuto il calo di peso, la preparazione atletica, lo sconforto. Lui che l’ha fatta rialzare, che l’ha orientata, che ha pianto, che ha riso, che ha vinto, che ha perso.

Ogni judoka, grande o piccolo che sia, sa che il maestro è il regalo più grande, oltre la medaglia. Le persone dietro le cose. 

Il maestro di quella Judoka - il mio maestro - si chiama Massimo. Il Tuo?

Amalia Palma

scritto il 16 dic 2016
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