Judo, legittima difesa ed eccesso colposo

Rapporto, confini e cautele

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Una leggenda metropolitana narra esisterebbe un obbligo, prima di “fare a botte”, di dichiarare di essere un praticante di arti marziali o sport da ring . Ebbene trattasi di una vera e propria scemenza.

L’argomento che qui si affronta non è di facile lettura per i più che non sono avvezzi ai termini legali.

In Italia la cosiddetta legittima difesa è regolata dall’articolo 52 del vigente codice penale. Tale articolo recita che non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un ‘offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. Ciò sta a significare che la legittima difesa è ammessa per tutelare tutti i nostri diritti personali e patrimoniali laddove essi siano oggetto di una aggressione ingiusta, purchè la reazione sia legittima.

Per coloro che praticano il judo, e comunque per i praticanti di arti marziali, è bene tenere a mente quali sono i nostri diritti da difendere ma anche e soprattutto, quali sono le circostanze in cui è facile cadere in comportamenti illeciti.

La Cassazione, in particolare, in più circostanze ha espresso il concetto per cui non è invocabile la legittima difesa da parte di un soggetto che accetti una sfida o si ponga volontariamente in una situazione di pericolo dalla quale è prevedibile o ragionevole attendersi che derivi la necessità di difendersi dall’altrui aggressione. Va pertanto esclusa l’applicabilità dell’esimente, ovvero di ciò che esime dal reato, nell’ ipotesi in cui lo scontro tra due soggetti possa essere inserito in un quadro complessivo di sfida giacchè, in tal caso, ciascuno dei partecipanti risulta animato da volontà aggressiva nei confronti dell’altro e quindi, indipendentemente dal fatto che le intenzioni siano dichiarate o siano implicite nel comportamento tenuto dai contendenti, nessuno di loro può invocare la necessità di difesa in una situazione di pericolo che ha contribuito a determinare e che non può avere il carattere della inevitabilità.

Il concetto fondamentale da comprendere è che, praticando arti marziali, il rischio di commettere eccesso di legittima difesa c’è ed è più forte rispetto ad una persona normale, e ciò per la conoscenza delle tecniche e per l’allenamento che si svolge.

In tema di legittima difesa, sempre secondo il “pensiero” della Cassazione, si ha eccesso colposo allorché, per un errore di valutazione, si apprestano o si usano mezzi  eccessivi di difesa, in rapporto all’entità del pericolo. In tale circostanza la colpa è identificabile nel fatto di aver erroneamente sopravvalutato l’entità del pericolo, ergo, nell’errore sulla necessità di una reazione sproporzionata. L’eccesso colposo, in altre parole, ricorrerà - invece della legittima difesa - nel momento in cui si dimostri che i mezzi (ovvero le tecniche marziali) adoperati potevano essere evitati o sostituiti da altri più proporzionati al pericolo, di modo che la reazione, iniziatasi in condizioni che giustificano la legittima difesa, diventa in seguito eccessiva per colpa sopraggiunta.

In aggiunta, nel caso in cui difetti il nesso tra difesa e offesa, per eccesso nell’uso dei mezzi adoperati dall’aggredito per difendersi, è bene precisare che esiste una radicale differenza tra l’eccesso dovuto a negligenza e/o imperizia ed eccesso consapevole e volontario, di cui sicuramente il magistrato terrà conto.

Nel primo caso siamo dinanzi ad un eccesso colposo, nel secondo si palesa il dolo, poiché la condotta posta in essere, e relativo evento, è volontaria.

Reprimere un momento di rabbia, può salvarci da cento giorni di dolore (proverbio cinese).

Avv. Francesco Lambertucci – Diritto penale sportivo

scritto il 24 apr 2017
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