La responsabilità del Maestro di arti marziali

Doveri e cautele

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Quali sono i limiti della responsabilità del Maestro di arti marziali? Fin dove si estende il suo dovere di controllo sugli allievi durante la lezione?

La risposta ci arriva da un’importante sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Pen. 31734 del 18.7.2014), intervenuta a specificare la portata delle norme che regolano la condotta dell’insegnante in rapporto alle attività c.d. pericolose.

La vicenda trae spunto da un infortunio occorso ad un atleta della nazionale di Taekwondo, rimasto gravemente infortunato alla testa a seguito di una caduta su pavimento di linoleum avvenuta durante una fase d’allenamento nella quale non fu disposto l’ordine di impiego del caschetto protettivo da parte dell’allenatore.

La Suprema Corte, chiamata a verificare se la condotta di quest’ultimo potesse integrare gli estremi del reato (omissivo) di lesioni colpose e/o dell’illecito civile, parte dal generale assunto che l’insegnante è titolare di una posizione di garanzia posta a tutela dell’incolumità degli atleti, rivolta ad evitare che costoro possano subire un danno durante il tempo in cui sono sotto la sua sorveglianza. Principio questo applicabile, a maggior ragione, alle discipline marziali, la cui pericolosità, commisurata all’impeto ed al livello di intensità dei colpi che le contraddistinguono, richiede un effettivo innalzamento del grado di attenzione del garante.

Ogni qual volta pertanto vengano a mancare le cautele finalizzate al perseguimento dello scopo di salvaguardia degli allievi, tale inadempienza verrà riconosciuta come causa dell’evento lesivo.

In cosa consista poi il dovere di tutela lo ha precisato la Cassazione in numerose ulteriori pronunce succedutesi nel tempo, stabilendo che il Maestro debba predisporre gli accorgimenti organizzativi, tecnici ed operativi atti ad evitare la verificazione di infortuni, a limitare in ogni caso la portata offensiva delle fonti di danno e/o a non aggravarne gli effetti successivi. Obbligo che si articola su 3 fasi temporali e sostanziali:

a) eliminare preventivamente i pericoli ambientali

b) impartire ordini di allenamento che non innalzino il rischio di lesioni già connaturato alla pratica delle singole arti marziali

c) curare rapidamente l’affidamento del soggetto infortunato a struttura sanitaria

In concreto, si tratterà di:

· utilizzare le superfici calpestabili previste dal regolamento federale (es. tatami, no parquet o linoleum)

· rimuovere gli specchi dalle aree a ridosso della zona di allenamento

· rivestire muretti e spigoli vivi con materiale anti shock

· far indossare ai propri allievi le protezioni tipiche delle singole discipline marziali (caschetto, guantini, etc.) – anche laddove il regolamento le preveda per le sole gare – ogni qual volta che la tipologia degli allenamenti vada a riprodurre lo stesso dinamismo proprio della competizione agonistica, seppur con un’intensità offensiva minore

· costituire corsi sportivi omogenei per fasce di età/abilità degli allievi ( · abbinare fra loro gli atleti in maniera oculata · mettere in atto procedure di primo soccorso medico, riducendo il più possibile i tempi tra infortunio e trasporto in ospedale.

Tanto più accuratamente saranno realizzate le predette condizioni, minore sarà la probabilità per il Maestro di subire una condanna in giudizio.

Se è vero che la severità della legge pare non tener conto della diffusa carenza di strutture perfettamente idonee ad ospitare corsi di arti marziali (si pensi alla frequenza delle lezioni di karate che si tengono su parquet), o delle finalità di miglioramento prestazionale degli atleti che sovente richiedono un innalzamento del rischio di infortuni, va comunque sottolineato che la pratica debba essere sempre improntata al primario principio di tutela del diritto alla salute.

Per contro, non si cada nell'eccesso opposto. Ove infatti l'infortunio derivi da un'azione funzionalmente legata alla disciplina praticata, cioè naturalmente espressiva delle  dinamiche tipiche di "gioco", l'insegnante andrò esente da responsabilità.

In conclusione, da quanto innanzi argomentato è possibile ricavare la seguente massima: Il Maestro di arti marziali è responsabile delle lesioni subite da un allievo durante l’allenamento, laddove sia imputabile al primo la mancata adozione delle misure precauzionali – anche ove non specificamente contemplate dal regolamento federale – finalizzate ad impedire il verificarsi dell’infortunio.

Avv. Fabio Della Moglie 

scritto il 19 dic 2016
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