Tutti parlano di motricità, ma di essa poco si conosce e soprattutto poco si fa per promuoverla.
Nell’immaginario collettivo, ancora oggi si ritiene che corpo e movimento siano separati da mente, idee e intelligenza, quando invece e’ dimostrato che tra gli stessi elementi esista una connessione inscindibile.
Lo prova il fatto che i bambini con disturbi dell’apprendimento trovino difficolta’ in numerosi aspetti coordinativi legati alla lateralizzazione, alla dissociazione braccia/gambe, all’organizzazione del movimento, alla sua sequenzialita’ complessa etc.
Lo prova ancora il fatto che i centri di logopedia e/o di rieducazione neuropsicomotoria, nell’ambito del trattamento dei DSA, affidino al gioco motorio lo strumento cardine affinche’ il bambino alleni e migliori le sua capacità di decifrazione, organizzazione, comunicazione e discernimento.
Ora, e’ dato statistico che sulla motricità si lavori poco, partendo in primis dalla famiglia, per transitare alla scuola, per finire con quanti si occupano di crescita. Essa viene per lo piu’ percepita e relegata ad un hobby che toglie tempo all’impegno da destinarsi agli studi.
In aggiunta, al di la’ dei tanto acclamati protocolli centrali d’intesa tra le federazioni sportive, il Coni e il MIUR, i progetti "motori" che vengono proposti alla scuola, sovente, non vengono neppure ascoltati; altre volte si perdono nella burocrazia scolastica.
Lo sviluppo della motricità, per contro, deve avvenire quando i bambini sono ancora piccolissimi. A partire dai 3 anni, essi vanno stimolati continuamente, attraverso il gioco dinamico, le storie, i disegni, le costruzioni, la manualità. I primi educatori dei bambini sono i genitori, non altri. I bimbi osservano, i bimbi imitano
Il genitore tuttavia deve essere pronto a chiedere aiuto. E’ un grande atto di umiltà ed e’ da qui che inizia il lavoro.
Anche la scuola dovrebbe fare la sua parte, organizzando più laboratori di motricità che partano dalla scuola dell’infanzia e che siano tenuti da esperti nel settore.
In tal senso, spero che la scuola possa concretamente aprire le porte al judo, una disciplina basata sull’ascolto, sul rispetto dei tempi e dei ruoli. I bambini fin da piccoli impareranno a gestire le proprie emozioni, a stimolare i propri interessi, ad osservare le regole, ad "allenare" i sistemi neurocognitivi che consentono loro di migliorare l'approccio alle materie curriculari.
Il judo contiene in se’ questa completezza. Perché si fatica tanto a farne strumento di potenziamento della didattica scolastica?
Dr.ssa Giusy Pauciulo - Pedagogista
Quali sono le capacità e le abilità che il judo richiede nell'atleta?
Analisi del fenomeno. Proposte risolutive
La proposta laboratoriale del judo nelle scuole