I kata

Forma, etichetta e meditazione

"Maestro, cosa fanno questi bambini? E' Judo? Perchè non combattono?"

Il judo si compone di diverse forme di espressione, tutte unite da una stessa linea di continuità: princìpi, combattimento, confronto verbale, promozione e diffusione dei suoi valori.

L'esecuzione svolta da questi bambini si chiama kata (nage no kata). I kata si compongono di una sequenza di tecniche prestabilite attraverso le quali gli atleti dimostrano i principi motori, formali e simbolici propri della lotta in piedi, della lotta a terra e della difesa personale, fino ad arrivare all'esecuzione di tecniche che evocano gli scontri con l'armatura dei samurai e simulano l'interazione tra le forze della natura.

Racchiudono la parte interiore del judoka, quella meditativa, del silenzio, della ricerca della bellezza, del rispetto dell'etichetta, quella deputata alla cura dei particolari, al percorso verso la perfezione.

I kata rappresentano il modello di riferimento dei principi di azione del judo e, in generale, delle arti marziali. Un paragone molto usato associa il valore dei kata alla grammatica del judo, distinguendolo dal valore del combattimento (randori) che invece può essere accomunato ad esercizio linguistico libero, ad un tema, che non puoi svolgere se non sai come usare il congiuntivo e la punteggiatura.

Sotto il profilo bioenergetico e neuromotorio, i kata, appartenendo ai c.d. "closed skill" (attività tecnico compositorie) richiedono un impegno metabolico e cognitivo diverso dai combattimenti, in quanto adottano sequenze motorie non variabili che richiedono, a seconda della forma praticata, movimenti di destrezza, precisione e massimo controllo che si potraggono, senza interruzioni, da 5 minuti a 10 minuti, con carico cardiocircolatorio fino a media intensità.

La diversità filosofica, motoria, cognitiva e metabolica tra i kata e il randori determina la necessità che un judoka completo non possa e non debba rifugiarsi in una sola espressione del judo, tanto meno snobbando la parte che abbia curato meno.

Salire sul tatami con lo spirito dell'allievo, anche quando allievo non lo si è piu' da tempo, sta alla base dell'allargamento del proprio orizzonte culturale e pone il judoka nella condizione di capire tutti gli aspetti della propria disciplina, per poterla amare e poterla promuovere con assoluta cognizione di causa.

Fabio Della Moglie

scritto il 24 apr 2017
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