Jigoro Kano, fondatore del judo

Cenni sulla vita del grande pedagogista giapponese

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Sulla vita di Jigoro Kano, fondatore del judo, sono stati scritti tantissimi libri e grazie ad essi oggi conosciamo molto su di lui.

Sono sicuro che il modo migliore per rendere onore al grande Maestro è quello di parlare del “Kodokan Judo” che, nella sua visione, nasce per formare i giovani e per contribuire ad una società ideale, costituita da uomini intelligenti e di grande spirito etico.

In assoluta umiltà, in modo semplice e sintetico, mi auguro di riuscire nell’intento e di toccare quelle corde che risvegliano la sensibilità di chi legge per catturarne l’interesse su questa meravigliosa disciplina nipponica che ha avuto la capacità di armonizzare e fondere i suoi principi etici e morali con la vita di ogni giorno.

Con l’inizio della restaurazione Meiji (1866), conosciuta anche come rinnovamento o rivoluzione, il Giappone si libera definitivamente del feudalesimo e si apre ad un radicale cambiamento nella struttura sociale e politica che riconsegnò il potere all'Imperatore dopo secoli di dominio degli Shogun (“comandante dell’esercito”).

In questo periodo si avviò un processo di modernizzazione del Giappone che prese ad esempio, in tutti i campi, la cultura occidentale. Tra i paesi stranieri che più lo influenzarono figurano la Germania per gli ideali filosofici, la Francia per il Diritto, ma soprattutto la Gran Bretagna per la cultura in genere.

E fu proprio in questo periodo storico che la classe dei Samurai fu abolita in favore di un esercito nazionale in stile occidentale.

Molti Samurai per poter sopravvivere si dedicarono ad altre attività. Alcuni diventarono circensi, altri politici o commercianti, altri ancora si dedicarono all’insegnamento del Bujutsu.

In questa epoca gli esperti di Arti Marziali erano visti con sfavore e fu proprio in tal contesto, periodo ostile alle attività fisiche, che Jigoro Kano - all’epoca brillante studente universitario - si impegnò nello studio del jujutsu, non solo come metodo da combattimento.

Qualche anno dopo, infatti, in una conferenza svoltasi negli Stati Uniti, il Prof. kano affermò: “… dai miei studi effettuati presso la “Tenjin shin yo ryu” e “Kito ryu”, sono convinto che apportando qualche miglioramento al jujutsu, esso si può adottare come metodo che permette di acquisire non solo gli scopi del bujutsu, ma nel contempo questa arte consente di raggiungere le tre forme di educazione (San-iku):

  • educazione fisica (Tai iku)
  • educazione intellettuale (Chi iku)
  • educazione morale (Tokuiku)...”.

Jigoro Kano fondò il “Kodokan Judo”, inizialmente chiamato “Kano Ryu”, il 5 giugno 1882, unendo tecniche di una varietà di scuole di  Jujutsu , principalmente della “Kito Ryu” e della “Tenshin Shin’yo Ryu”.

Il termine “judo” è composto da due kanji: ju, yawara = gentilezza, adattabilità, cedevolezza, morbidezza) e do = via ed è quindi traducibile come “Via dell'adattabilità” o “Via della gentilezza”.

Anche nel nome stesso la grandezza del suo fondatore, che al kanji Jutsu  (arte, tecnica, pratica) sostituì il kanji do (Via), a significare la volontà che la disciplina insegnasse il principio morale in accordo con la vita di ognuno dei praticanti (chiamati judoisti). Ma da dove Kano elabora l’idea del suffisso do!

Jigoro Kano eccelleva in diverse materie di studio ed era un grande appassionato della filosofia cinese. Il citato kanji, infatti, viene preso dal TAO. Una parola di origine cinese che significa “via”, ma che in senso figurato rappresenta il “principio fondamentale che ordina il mondo”, la “morale”.

Dopo che egli chiamò il suo metodo Judo in luogo di Jujitsu, anche le arti del Kenjitsu e del Kyujitsu modificarono, per acquisire gli stessi principi etici/morali, il loro nome in Kendo e Kyudo.

La differenza tra il Judo ed il Jujutsu fu l’inclusione dei principi etici e l’uso dell’analisi scientifica.  Al riguardo Kano disse: ”Il jujutsu tradizionale, come tante altre discipline del bujutsu, poneva l'obiettivo strettamente ed esclusivamente sull'attacco difesa. È probabile che molti Maestri abbiano anche impartito lezioni sul significato della Via e altrettanto sulla condotta morale, ma, adempiendo il loro dovere di insegnanti, la meta primaria rimaneva quella di insegnare la tecnica.

Diverso è invece il caso del Kodokan dove si dà importanza anzitutto all'acquisizione della Via e la tecnica viene concepita unicamente come il mezzo per raggiungere tale obiettivo.

Il fatto è che le ricerche sul jujutsu mi portarono verso una Grande Via che pervade l'intero sistema tecnico dell'arte, mentre lo sforzo e i tentativi per definire l'entità della scoperta mi convinsero chiaramente dell'esistenza della Via Maestra, che ho definito come la migliore applicazione della forza mentale e fisica”.

Jigoro Kano vedeva il Judo anche come un modo per preservare le arti di combattimento giapponesi tradizionali, come forma di educazione fisica, morale ed intellettuale.

Il Judo per il suo fondatore è un misto di educazione fisica, filosofia, autodifesa, il cui obiettivo più importante è il miglioramento della società attraverso la formazione fisica e spirituale dell’individuo.

La vera evoluzione dal Jujutsu fu che egli progettò il Kodokan Judo in modo che si conformasse ai suoi due principi fondamentali: seiryoku-zen'yo (il miglior impiego dell'energia) e jita-kyo'ei (tutti insieme per il mutuo benessere).

Mi piace ricordare e citare cosa scrisse al riguardo il compianto Maestro Cesare Barioli :”...questa è la diversità di concezione tra il jujutsu e il judo. Dalla tecnica e dalle esperienze del combattimento sviluppate nel periodo medievale, arrivare tutti insieme per crescere e progredire col miglior impiego dell'energia, attraverso le mutue concessioni e la comprensione reciproca...».

Ulteriori novità che contraddistinsero il judo rispetto ad altre discipline marziali dell'epoca furono l'introduzione di un metodo didattico d’insegnamento basato sulla progressione tecnica,
l'introduzione di strumenti ed esercizi atti alla salvaguardia del judoista, come ad esempio lo studio delle “cadute” (ukemi waza) o esercizi specifici quale ad esempio il “randori” . 

E proprio il “randori” rappresenta il vero carattere del judo, in quanto ne consente di praticarne le tecniche, in un combattimento reale, con la massima efficacia e senza ferire il compagno. 

Le tecniche pericolose saranno, invece, incluse solo nelle dimostrazioni dei Kata.

Il Maestro Kano introdusse, altresì, lo “shiai” (la gara) e l'evoluzione di regolamenti arbitrali. Egli viene considerato non solo il padre del Judo, ma del Budo e dello Sport giapponese in generale.

Il Professor Kano fu colui che introdusse nella scuola giapponese i corsi di ginnastica ed etica (ove spesso si discuteva anche di pedagogia e filosofia). Fu il primo asiatico a far parte del Comitato Olimpico Internazionale e ne sarebbe diventato, se non fosse morto nel 1938 mentre rientrava dal 12º Convegno del CIO al Cairo, il successore del Barone Pierre de Coubertin (padre dei giochi olimpici moderni).

Nonostante Kano non considerasse il judo come un vero e proprio sport, si adoperò per portarlo ai giochi olimpici. Il suo desiderio si realizzò, purtroppo, solamente nel 1964 ai giochi di Tokyo.

Vi lascio con una frase sul Judo scritta nel 1898 che fa capire la vera essenza di questo nobile metodo educativo, con il gentile invito a voler meditare su di essa, poiché basata su un concetto che ritengo validissimo ancora oggi: “Se i principi del judo venissero applicati nella società attuale con flessibilità, economia, educazione e con la condotta morale, tutto il mondo ne trarrebbe un grande vantaggio”.   

Massimo Guarino – Storia del judo

scritto il 21 mag 2017
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