Insidioso questo “gioco”.
Ci portano i bimbi, ce ne prendiamo cura come genitori, come amici, come educatori, come psicologi e psicomotricisti. Ne carpiamo le debolezze, le leghiamo al loro vissuto, al loro ambiente, talvolta alla famiglia, talvolta ancora ad episodi spiacevoli…Non dormiamo.
E allora approfondiamo, parliamo con le Maestre, studiamo, affidiamo le nostre “sensazioni” ai professionisti e lì, tante volte, abbiamo conferma dei nostri sentori.
Arrivano le telefonate, a tutte le ore: "Sai Maestro, mio figlio...che devo fare?". Vieni investito di responsabilità che esorbitano il tuo ruolo, ma vedi, al contempo, che sei diventato un punto di riferimento.
E allora, ancora, sei lì a calzare la tua programmazione sul bambino, come un atleta di alto rango…ma qui niente medaglie, qui è in ballo il suo equilibrio, il suo carattere, il suo futuro relazionale…
Poi, d'incanto, ti accorgi che il tuo lavoro dà buoni frutti…sul lessico, sulla gestione delle emozioni, sulla socializzazione, sulla coordinazione, sul linguaggio. Il bambino migliora il suo approccio con la scuola, con i compagni. Lo vedi trasformarsi, lo senti trasformarsi. E' oggettivo. E' evidente. E' innegabile.
Cosi' inizia il nuovo anno sportivo e lo aspetti…più che altro, aspetti che i genitori diano continuità a quel percorso straordinario...e invece NO.
Qualcuno lo incontri casualmente per strada. Lo vedi imbarazzato: “Sai, poi il bambino (di 4 anni, ndr) quest’anno ha scelto di praticare un altro sport".
Dovremmo essere abituati a tutto questo e invece NO.
Siamo Maestri e professionisti, ma siamo anche uomini e genitori. Costruiamo sul tatami una famiglia allargata che si alimenta di felicità, di condivisione e quando un piccolo figlio cambia direzione, quali che siano le ragioni, ci resta in bocca tanto amaro…
Fabio Della Moglie
"Amatori" terribili
Proposta di allenamento della forza esplosiva
Osservazioni dall'esperienza scolastica e laboratoriale