Allenamento e infanzia

Il rischio della specializzazione precoce dei bambini

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Nel corso di un recente confronto con un genitore di un allievo di 4 anni del corso di judo/gioco, mi è stato chiesto: "Maestro, ho visto che l'anno scorso mio figlio ha giocato moltissimo. Si, si è divertito, ma quand'è che inzia ad allenarsi sul serio? Vorrei che sviluppasse la forza!".

Jean Piaget diceva: “Il bambino non è un adulto in miniatura”. Diverse le strutture cerebrali e ossee, le frequenze respiratorie e cardiache, l’intensità delle attività metaboliche, le risposte cognitive, i ritmi sonno-veglia, le esperienze, la qualità del pensiero.

Va da sé che la metodologia di un allenamento da destinarsi alla fascia di età 3-5 anni non può banalmente essere ricondotta ad una riduzione quantitativa del modello adulto, dovendo invece essere calzata alla “sensibilità” di risposta di quella particolare fase evolutiva.

In questo quadro, il Maestro attinge idealmente all’opera di un ingegnere strutturista, intervenendo sulla forgia delle fondamenta, nella scelta della solidità dei materiali e nella cura degli equilibri che costituiscono l’impianto sul quale il bambino potrà poi fondare le proprie abilità agonistiche, tecniche e tattiche.

Su tale premessa, ci si chiede se abbia qui senso parlare di allenamento.

Appare infatti subito chiaro come il termine venga svuotato di ciò che lo lega per definizione alla prestazione sportiva, alla gara, agli aspetti strategici, tuttavia, ove si focalizzi l’attenzione sui criteri operativi, sulla varietà e la complessità delle tecniche d’intervento, sulla sequenza dei valori da implementare e sui metodi di programmazione, si giungerà ad affermare che i processi di sollecitazione psico-fisica rivolti ai bambini della seconda infanzia non possano essere improvvisati, dovendo rispondere ad una organizzazione professionale che merita effettivamente la definizione estensiva di “allenamento”.

Al genitore il compito di attendere che il bambino segua con naturalezza un percorso che non anticipi i tempi della sua crescita. Affidarsi a tecnici qualificati formatisi presso le scuole federali e del CONI, con specializzazione psicopedagogica, è la soluzione ottimale che fuga la disatrosa specializzazione precoce e rispetta la graduale costruzione delle basi fisiche, emozionali, caratteriali e disciplinari del piccolo che lo portano ad acquisire consapevolezza dell'intero potenziale corporeo - e non di una parte dello stesso - che potrà essere utilizzato nella vita e in un brillante futuro sportivo.

Fabio Della Moglie   

 

 

 

scritto il 11 mag 2016
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