Il genitore che iscrive il proprio figlio ad un corso di judo è un genitore informato, che si è confrontato, ha superato il preconcetto ed ha scelto un’attività sportiva che fa delle regole di comportamento il suo valore aggiunto.
È tuttavia possibile che chi si approcci inizialmente a questa disciplina non conosca o non comprenda alcuni meccanismi che ne regolano la pratica ed incorra perciò in alcuni errori che, sebbene dettati dal trasporto emotivo per i figli, rischiano invece di invalidare l’interazione tra l’insegnante ed il piccolo judoka, distorcendo la percezione del significato di autorità, di educazione, di rispetto.
La composizione ideale di una location adatta allo svolgimento del judo per bambini vorrebbe infatti si limitassero al massimo le distrazioni provenienti dall'esterno, che sono fonte di interruzione della continuità dei giochi e di grande attrattiva per tutti i bimbi. Il richiamo di un genitore per consentire al bambino di bere, aggiustarsi, consolarsi od ottenere un suggerimento ha sempre un effetto profondamente disturbativo, specie sui soggetti sui quali il Maestro sta intervenendo a consolidare le capacità attentive e di autonomia.
È fondamentale dunque non interrompere mai la lezione, dando buon esempio di riconoscimento dell'autorità del Maestro, accordandogli fiducia ed accettandone i "NO".
Gli occhi emozionati e compiaciuti di una mamma o di un papà rappresentano infatti per il bambino un riferimento ben più utile di un aiuto pratico che invece, sovente, li mette a disagio davanti ad altri compagni.
Per questi motivi, sarebbe auspicabile che i genitori, ove possibile, non sedessero a bordo tatami.
Fabio Della Moglie
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